Pègaso, cavallo alato,
figlio di Poseidone e di Medusa; usci dal tronco di costei quando Perseo le
tagliò la testa; portava i fulmini a Zeus. Bellerofonte ) lo prese mentre si
dissetava alla fonte di Pirene, e ammansitolo e imbrigliatolo, se ne servi per
uccidere la Chimera e le Amazzoni. Con un colpo di zampa percosse l’Elicona e
fece sgorgare dal monte la fonte di Ippocrene; era perciò anche il cavallo
delle Muse.
Peitho
Peitho,
dea della persuasione e quindi della seduzione, talora con personalità propria,
talora come epiteto di Afrodite; spesso sono considerate due divinità
associate.
I cibi degli Spartani
I cibi degli Spartani.
La vivanda preferita da essi era il brodo nero (brodo con pezzi di carne) : i vecchi non assaggiavano la carne, lasciandola.
tutta ai giovani e mangiavano il brodo a parte. Si racconta che un re del
Ponto, per avere questo brodo nero, comprò come cuoco uno schiavo di Sparta., e
siccome quando l’ebbe gustato, non gli piacque, il cuoco gli disse: O re, si
può mangiare questo brodo, soltanto quando si è fatto il bagno nel fiume Eurota
(fiume che passa da Sparta).
Dopo aver bevuto moderatamente, rincasavono senza lume, perchè non era
permesso andare con torcia per le strade tutti dovevano essere avvezzi a
camminare di notte intrepidamente, senza paura.
Plutarco.
Pelia
Pelia,
figlio di Poseidone e di Tiro, fratello di Neleo, di Esone, di Fere e di
Amitaone; sposò Anassibia e fu padre di Acasto, di Pelopia, di Ippotoe. Avendo
Pelia tolto al fratello Esone la signoria di Iolco, Giasone figlio di Esone,
quando fu grande, venne a ridomandargli il trono, e allora Pelia per
liberarsene lo mandò alla spedizione del vello d’oro. Quando Giasone tornò
dalla spedizione, trovò che Pelia aveva ucciso Esone; onde se ne vendicò per
mezzo di Medea, che diede a intendere alle figlie di Pelia che avrebbe
ringiovanito il vecchio loro padre, se esse l’avessero fatto a pezzi; cosa che
infatti eseguirono.
Peleo
Pelèo, figlio di Eaco e
di Endeide, fratello di Telamone; partecipò alla spedizione degli Argonauti;
sposò Antigone, figlia di Eurizio re di Ftia, ed ebbe in dote il dominio del
paese; più tardi sposò sul Pelio la nereide Teti, e gli dèi assistettero alle
sue nozze. Poseidone in quell’occasione gli regalò i cavalli Xanto e Balio, e
Chirone la lancia peliaca; fu padre di Achille, che perciò è anche chiamato il
Pelide.
Pelasgi
Pelasgi,
popolo che si sarebbe diffuso. secondo Omero, in Tessaglia, secondo autori
posteriori, su tutta la Grecia. Si pensa ora che si tratti di antichissima
popolazione continentale , anteriore agli Indo-europei, che si potrebbe
stabilire dai Baschi fino al Caucaso, attraverso gli Iberi, i Liguri, gli
Etruschi, i Lemni. Il problema reta però sempre discusso, né si può decidere
se essi siano i rappresentanti della cultura cretica.
Peana
Peana, canto corale in
onore di Apollo, cantato sul flauto, e cosi chiamato (paiàn) dal nome speciale di
Apollo, come dio della salvezza. Più
tardi furono cantati anche in onore di altre divinità o di uomini
deificati.
Hestia - Hermes
Hestia - Hermes
1. I Greci veneravano un coppia di dèi: Hestia ed Hermes. In un linguaggio più vicino a noi, potremmo chiamarli: Focolare e Angelo. Hestia è il nome proprio di una dea, ma anche nome comune che designa il focolare domestico, e anche il focolare comune della Polis. Essa è raffigurata anticamente spesso in coppia con Hermes. “Entrambi, — spiega l’inno omerico a Hestia (I, 11-12), abitate nelle belle dimore degli uomini che vivono sulla superficie della terra, con sentimenti di mutua amicizia”.
In effetti Hestia è il focolare circolare, fissato nel suolo, è l’ombelico attorno al quale la casa si radica nella terra. Essa, nota Jean-Pierre Vernant, è simbolo e pegno di fissità, di immutabilità, di permanenza. Ed è in quanto centro fermo a partire dal quale lo spazio umano si orienta e si organizza, che Hestia, per i poeti e i filosofi antichi, potrà identificarsi con la terra, immobile al centro del cosmo. La terra intera, casa degli uomini, sarà il focolare fisso del mondo. Essa non scambia, resta casta: Hestia è vergine, come Athena e Arthemide.
Anche Hermes abita nelle case dei mortali, anzi, come gli dice Zeus nel- l’Illiade (XXIV, 334-5), “più di tutti gli dèi tu ami far da compagno a un mortale”. Ma vi abita come Angelos, il messaggero, come chi è pronto a ripartire. “Non c’è niente, in lui, di fisso, di stabile, di permanente, di circo- scritto, né di chiuso. Egli rappresenta, nello spazio e nel mondo umano, il movimento, il passaggio, il mutamento di stato, le transizioni, i contatti tra elementi estranei. Nella casa protegge la soglia, respinge i ladri perché è lui stesso il Ladro [...], per il quale non esistono né serrature, né recinto, né confine. Presente alle porte della città, ai confini degli stati, agli incroci delle vie, sulle tombe, che sono le porte del mondo infernale. Egli è presente ovunque gli uomini, fuori della loro casa privata, entrano in contatto per lo scambio (nelle discussioni e nel commercio), o per la competizione, come nello stadio. Banditore, dio errante, padrone delle strade, sulla terra e verso la terra; introduce una dopo l’altra le stagioni, fa passare dalla veglia al sonno, dal sonno alla veglia, dalla vita alla morte. Hermes è quindi inafferrabile, ubiquitario. Quando una conversazione cade subitamente e subentra il silenzio, il Greco dice: “Passa Hermes”. (Questa espressione del resto sopravvive anche oggi; nei paesi anglofoni quando la conversazione cade si dice ancora “An angel passes”). Hermes porta una bacchetta magica che cambia tutto ciò che egli tocca. E anche ciò che non si può prevedere né trattenere, il fortuito, la buona o la cattiva sorte, l’incontro imprevisto, e anche il felice ritrovamento casuale.
In definitiva, l’ambito di Restia è l’interno, il chiuso, il fisso, il ripiega mento del gruppo umano su se stesso: in questo modo Hestia assicura al gruppo domestico (e per estensione al gruppo cittadino) la sua perpetuazione nel tempo. Notiamo che quando Platone, nel Cratilo, tenta una etimologia di Restia, finisce con il collegarla ad ousia, che altri chiamano anche essia, cioè “l’essenza fissa e immutabile”. L’ambito di Hermes è l’esterno, l’apertura, la mobilità, il contatto con l’altro da sé.
Dalla rivista Aut-aut,
Numero 258
Novembre-dicembre 1993
Articolo: Hestia-Hermes: la filosofia tra Focolare e Angelo
di Sergio Benvenuto
Pagine 29-30.
dizionario da Abante a Acheleo
Abante — Troiano, figlio di Euridamante e; morì nella guerra di Troia per mano di Diomede.
Abanti — Popolazione dell’Eubea.
Abarbarea — Ninfa Naiade, ricordata da Omero come sposa di Bucolione e madre dei due gemelli Esepo e Pedaso, che morirono in combattimento davanti a Troia per mano di Eurialo.
Abido —. Città della Troade sulla costa dell’Ellesponto.
Abioi — Popolo nomade che viveva nelle regioni della Scizia.
Omero lo dice il più giusto dei popoli.
Ablero — Troiano ucciso in battaglia da Antiloco.
Acaia — Regione montuosa del Peloponneso settentrionale, la cui popolazione conservò, sino all’età storica, il nome omerico di Achei.
Acamante — Troiano, figlio di Antenore, valoroso guerriero, che vendicò la morte del fratello Archioco ucciso da Aiace, colpendo mortalmente Promaco. E’ ricordato pure come uno dei condottieri dardani. Con ogni probabilità deve essere identificato con un Acamante ucciso da Merione. Mentre cercava di salire sul cocchio per sfuggire all’imoeto di Patroclo.
— Figlio di Asio, seguì il padre alla guerra di Troia. E’ ricordato fra i guerrieri che, al seguito di Asio, si lanciarono cogli scudi levati contro il muraglione dei Greci e furono respinti dai due Lapiti Polipete e Leonteo.
— Figlio di Eusoro, condottiero dei Traci, alleati dei Troiani. Fu ucciso in combattimento da Aiace Telamonio. Era rinomato per la sua grande velocità.
- Figlio di Teseo e di Fedra, fratello di Demofoonte. Partecipò alla guerra di Troia e fu tra gli eroi greci che si rinchiusero nel ventre del famoso cavallo costruito da Epeo.
Acarnania — Regione della Grecia settentrionale sulla costa del mar Ionio, ad occidente dell’Etolia. I suoi abitanti non sono ricordati fra i popoli che parteciparono alla guerra di Troia.
Acasto — Signore di Dulichio, ricordato da Ulisse nel racconto delle sue immaginarie avventure fatte ad Eumeo.
Achei — Il nome con cui sono più frequentemente designati i Greci in Omero.
Acheleo — Fiume della Lidia che nasce dal monte Sipilo.
Dioniso o Bacco
Dioniso o Bacco
(Dionysas, Bacchus).
In epoca classica è il dio del vino e del delirio mistico; in origine è un dio della natura. La sua leggenda è molto complessa e comprende anche elementi stranieri alla Grecia. È figlio di Zeus e di Semele, che a sua volta è figlia di Cadmo, re di Tebe, e di Armonia. Semele, amata da Zeus, gli aveva chiesto, per istigazione della gelosa Era, che si mostrasse a lei in tutta la sua potenza e ne era stata fulminata. Zeus prese il bambino non ancora nato, lo introdusse in una sua coscia e lo portò a termine, poi lo confidò a Ermete che lo diede da allevare ad Atamante, re di Orcomeno e alla di lui moglie Ino, per sottrarlo alla vendetta di Era, ma Era fece impazzire Atamante e Ino. Zeus allora portò il bambino a Niso, luogo imprecisato, ricco di boschi e di sorgenti, e lo affidò alle ninfe. Divenuto adulto, Dioniso scoprì l’uso dell’uva, inebriò se stesso, le ninfe, i satiri e con essi errò per l’Egitto e la Siria e giunse in Frigia dove fu accolto dalla dea Cibele; poi passò in Tracia, dove il re Licurgo tentò di farlo prigioniero, senza riuscirvi, e catturò il suo seguito, ma il paese divenne sterile e, per allontanare il flagello, gli abitanti dovettero uccidere Licurgo. Andò in India con un corteo trionfale: un carro tirato da pantere, con Sileni, Baccanti, Satiri. Tornato in Grecia giunse in Beozia, a Tebe, dove regnava Penteo, e vi introdusse i Baccanali. Il re si oppose e fu punito: sua madre Agave che si era unita alle Baccanti, scambiandolo con un cinghiale, nel delirio lo uccise. Anche ad Argo le Pretidi furono colpite di pazzia per non averlo accolto. Poi si diresse verso Nasso, su una nave di pirati, che tentarono di tradirlo e di invertire la rotta per venderlo in un porto come schiavo. Ma Dioniso li punì facendoli impazzire, sicchè si gettarono in mare e furono trasformati in delfini. A Nasso egli trovò Arianna abbandonata da Teseo.
Scese anche nell’Ade per prendere sua madre Semele e condurla sull’Olimpo.
Il mito di Dioniso presenta dunque due aspetti: è il dio della letizia, delle feste della vendemmia ed è il dio perseguitato e misconosciuto; a questi due aspetti corrispondono le feste della primavera e della vendemmia da un lato e le feste orgiastiche dall’altro. Le feste della vendemmia e della primavera diedero luogo in Grecia a vere e proprie rappresentazioni da cui ebbero origine i drammi satireschi, la tragedia e la commedia.
Il culto orgiastico, che giunse in Grecia più tardi dall’Asia Minore, era celebrato dalle donne: le Menadi, le Baccanti, le Lene, che agitavano fiaccole e tirsi, in rumorosa processione; esso in parte passò nella religione dei misteri, in cui Dioniso ha il nome di Jacco e di Zagreo.
A Dioniso erano sacri: l’edera, il tralcio della vite, il toro, la pantera, il caprone. Simboli del culto erano il tirso, la pelle di cerbiatto, i serpenti, la cesta mistica, le fiaccole, i flauti, il cembalo.
A Roma fu identificato con il dio italico Libero.
Cirene
CIRENE
figlia di Ipseo, re dei Lapiti, e della ninfa Clidanope, disprezzò i lavori propri del suo sesso per darsi alla caccia di belve sul monte Pelio col pretesto che le greggi paterne dovevano essere protette. Un giorno Apollo la vide lottare senza armi con un leone. Stupito, chiamò il centauro Chirone, il quale gli suggerì di farne la sua amante. Apollo su un cocchio trainato da cigni, portò Cirene in Libia nel posto che poi doveva assumerne il nome. Con l’aiuto di Afrodite la mise incinta di Aristeo. Apollo lasciò Cirene in Libia, ma ritornandovi un’altra volta, generò con Cirene anche il vate Idmone. Una volta dormì anche con Ares, e ne nacque il tracio Diomede.
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