A SPASSO TRA LE ROVINE CERCANDO LA GRECIA DEL MITO

A SPASSO TRA LE ROVINE CERCANDO LA GRECIA DEL MITO
VENERDÌ, 31 DICEMBRE 2010 LA REPUBBLICA - Cultura

Esce il volume dedicato alla Beozia della "Guida " Il libro sorprendente di un autore che voleva ricostruire con l´immaginazione un´età perduta

A differenza di Tucidide o Erodoto che scrivevano solo episodi famosi qui ci sono piccole cronache di fatti quasi sconosciuti

PIETRO CITATI
La pubblicazione della Guida della Grecia di Pausania sta per concludersi. Nel 1982 apparve il primo volume: L´Attica a cura di Domenico Musti e Luigi Beschi. Il testo greco e la traduzione italiana erano accompagnati da un ricchissimo commento storico ed archeologico, che chiariva tutte le difficoltà, le allusioni, i passi complicati e difficili. In questi giorni esce il IX volume, dedicato alla Beozia (a cura di Mauro Moggi e Massimo Osamax, (Fondazione Valla-Mondadori pagg. CXXX 468, euro 30). Tra due anni La Guida della Grecia sarà conclusa con la pubblicazione del meraviglioso decimo libro Delfi e la Focide, vero culmine dell´opera, a cura di Domenico Musti e Mario Torelli.
Pausania è una incantevole figura minore della letteratura greca. Di lui sappiamo pochissimo: fingeva di essere pigro e mediocre: sfuggiva, si mascherava; e per tutta la vita concentrò le proprie forze nella stesura di un libro a cui dedicò una attenzione e una applicazione quasi maniacali. Nato nella parte occidentale dell´Asia minore, visse nel secondo secolo dopo Cristo, una lunga epoca pacifica, coltivando la storia e la religione. Non era greco, ma il vero tema della sua vita fu la Grecia arcaica e classica, che venerava e rimpiangeva, con la doppia nostalgia dello straniero e del sopravvissuto. Ai suoi tempi, i luoghi più famosi della Grecia erano spopolati: le regge erano carbonizzate, le tombe sconvolte, le colonne dei templi formavano selve a metà abbattute; e dal cuore della desolazione e della solitudine, nascevano lo strazio e il rimpianto con cui Pausania rievocava i templi, le gare, i riti, che avevano illuminato la patria della sua mente.
Pausania possedeva una profonda e sottilissima comprensione della civiltà greca. Tra le istituzioni greche, ne amava specialmente due. La prima era la religione di Eleusi: cioè la conoscenza suprema, che ci fa superare i limiti della vita e il timore della morte: il gesto dello ierofante che mostra agli adepti una spiga recisa: il mistero: la luce; la gloriosa processione lungo la Via Sacra. La seconda istituzione erano gli antichissimi giochi di Olimpia, che insegnano la grazia e l´armonia del corpo, la misura, la discrezione, il coraggio di sopportare tutto ciò che è duro e penoso, il dono di avvolgere di bellezza ogni aspetto della nostra esistenza.
Leggendo Omero ed Esiodo, Pausania apprese che le Muse conoscono la memoria del passato e del futuro e ispirano i poeti con un respiro profondo: mentre la poesia assorbe il flusso infinito dell´Oceano, ci dona parole dolci e soavi, nasce dal dolore ed è dolore, ci fa dormire un sonno profondissimo e quasi mortale. Era un devoto di Apollo, il dio che sovraintende alle Muse e al vaticinio. Custodì per sempre nella memoria il momento terribile in cui il giovane Dio colpì con la freccia una dracena, che cadde a terra, ansimando e gettando un urlo soprannaturale. Sebbene fosse condannato da Zeus, Apollo espiò la sua colpa, ritornò a Delfi, purificò e calmò l´animo di altri peccatori e divise l´oracolo con l´antica potenza ctonia che aveva ucciso. Niente affascinava Pausania come la luce-tenebra che derivava dagli oracoli dell´enigma.
Molti secoli prima di Pausania, Fidia ultimò a Olimpia la statua di Zeus: «Il dio, in oro e avorio, siede in trono; ha in testa una corona di ramoscelli d´ulivo. Con la destra regge una Vittoria, anche questa d´avorio e d´oro, che ha una corona sul capo; nella mano sinistra uno scettro intarsiato d´ogni sorta di metalli; l´uccello che posa sullo scettro è l´aquila». Pausania pensava che nessun artista greco fosse persuaso della perfezione delle proprie opere. Così Fidia ebbe il dubbio che la sua statua avesse calunniato Zeus, e lo «implorò perché gli inviasse un segno di conferma». Immediatamente dal cielo cadde un fulmine nel luogo dove era stata collocata la statua. Zeus aveva trionfalmente applaudito il suo artista prediletto; e con lui aveva benedetto la civiltà greca, che ubbidiva alla sovrana perfezione della forma.
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Malgrado la presenza amorosa e terribile di Zeus, Apollo e delle Muse, Pausania continuava a scorgere, mentre percorreva la Grecia, soltanto paesi di deserto e di solitudine. Qualche volta, osò correggere ciò che aveva visto. Ricordava boschi e foreste, fonti, fiumi, acque sotterranee, acque che sgorgavano dalle rocce, cespugli di fragole selvatiche. L´acqua lo affascinava: perché ne conosceva la forza oracolare e mediatrice, e avvertiva, in lei, «la illimitata capacità creativa della natura». Quando era sollecitato dall´acqua, Pausania vedeva: voragini ed abissi, nei quali un tempo erano sprofondati Anfiarao e Trofonio, o erano apparsi miracolosi bambini-draghi. Il sacro era ancora lì, vivo e presente, davanti agli occhi innamorati di Pausania.
Come i suoi contemporanei, Pausania era affascinato dalla vasta risonanza di leggende, che ogni mito trascinava dietro di sé, come un´onda marina piena di alghe. Ma non sempre era certo del loro significato. Spesso confessava di non comprendere la lingua dei miti. Ora voleva tenerla segreta come quella di Eleusi: ora le parole gli sembravano inverosimili, puerili, irrispettose, troppo umane: ora il mito possedeva (come nel caso di Atteone) una feroce crudeltà intellettuale, che non osava attribuire agli dèi. Ora cadeva preda di uno strano buon senso razionalistico; ora, al contrario, capiva che il mirto era la figura più molteplice del mondo. Se avvertiva un sapore arcaico, come nelle antiche statue di divinità di legno, o nelle mura ciclopiche di Tirinto, era certo che lì, davanti a lui, splendesse oscuramente il sacro.
La Guida della Grecia di Pausania è un libro molto più piacevole e divertente di quanto si creda. Spesso sembra mancare di struttura o di architettura, mentre possiede un´architettura vaga e liberissima. Segue le strade principali che attraversano la Grecia, gira ora a destra ora a sinistra, divaga, si insinua, insegue temi lontani tra loro. Se Tucidide o Erodoto davano una versione famosa di un fatto, egli preferisce tradizioni minori o quasi sconosciute, o narrate soltanto da storici locali. Tutto ciò che è raro o strano lo incanta. Non si preoccupa di conciliare le contraddizioni. Così, quando finiremo di leggere il decimo libro della Guida, avremo imparato a conoscere una Grecia mai vista, mai immaginata.