Intorno a Bacco si degusta la vita

La Stampa Tuttolibri 23.4.11
Intorno a Bacco si degusta la vita
Claudio Franzoni

Simposio Un rito stabile per secoli: bere vino puro, conversare, amare, divertirsi
Scena di banchetto su un cratere a figure rosse del IV sec. a. C.

Non è accaduto a caso che a volte, in passato, il termine greco symposion sia stato tradotto con «banchetto», come, ad esempio, nel film che Marco Ferreri trasse dal Simposio di Platone nel 1988; il fatto è che ci viene naturale ricondurre alla nostra esperienza ciò che incontriamo nel mondo antico, e dunque anche le occasioni conviviali, quasi che le forme del mangiare e del bere siano le stesse sempre e dappertutto.
Negli ultimi vent’anni la saggistica di ambito anglosassone e francese ci ha spiegato invece che il simposio antico non era per niente paragonabile ai conviti, pubblici o privati, del Medioevo e dell’età moderna, tanto meno a quelli del nostro tempo. Si inserisce in questo ambito di ricerca anche il libro che Maria Luisa Catoni dedica a questo tema, facendo il punto sugli studi precedenti e aprendo nuovi fronti di discussione.
Il simposio era, come dice il nome, una «bevuta assieme», le cui forme, forse apprese dai Fenici, divennero dopo l’età omerica un vero e proprio contrassegno dello stile di vita aristocratico in Grecia. Al di là delle possibili varianti, il meccanismo del simposio dovette restare stabile per secoli: gli ospiti si accomodavano in una sala apposita della casa, l’ andrón («sala degli uomini») - termine che basterebbe a illustrare la destinazione esclusivamente maschile della «bevuta» - e qui si sdraiavano sui letti (di solito sette), modalità ereditata da forme conviviali orientali. Al centro della stanza era posto il cratere, un grande recipiente per mescolare vino e acqua: l’assunzione moderata del vino diventa infatti uno dei punti chiave dell’etica simposiale. Dal cratere si attingeva per riempire le larghe coppe decorate di ciascun invitato. Si iniziava con una libagione e una preghiera, ci si lavava, ci si incoronava con edera: azioni che iscrivevano il simposio in un ambito sacro e che ne rimarcavano il carattere rituale.
Tutto questo e molti altri dettagli si scoprono appunto in Bere vino puro , grazie anche al corredo di oltre 150 illustrazioni tratte proprio da quei vasi a figure nere e a figure rosse che servivano per lo svolgimento dei simposi e che vennero prodotti in Attica tra VI e V secolo prima di Cristo. Ma il saggio non punta tanto a descrivere lo svolgimento del simposio, quanto a osservare in questo «microcontesto quello che avviene nello spazio più ampio della polis e del mondo greco».
Del resto l’obbiettivo del simposio non era solo quello di condividere il piacere del vino, ma quello di conversare, di discutere temi filosofici, di eseguire o ascoltare canti e brani poetici; c’era posto anche per gli incontri amorosi, ed eventualmente per divertimenti, per giochi, per la baldoria finale. Attraverso queste «bevute assieme» i gruppi aristocratici rinsaldavano i rapporti reciproci e riaffermavano la propria identità; nello spazio modesto dell’ andrón viene così rappresentata la complessità della dialettica politica e sociale: basterebbe leggere i vivaci paragrafi sugli invitati e sugli esclusi (che però a volte vengono ugualmente e ne approfittano).
Ripetutamente l’autrice cambia angolazione e ordine di domande, affrontando anche problemi di metodo; in particolare, a proposito dell’interpretazione iconografica, non nasconde anche nodi problematici, come quello dei percorsi commerciali dei vasi da simposio: come mai migliaia di essi finirono in Occidente, magari destinati a conviti non greci o addirittura a corredi funerari di area etrusca?
Uno dei cardini del lavoro è l’analisi comparata di poesia e iconografie; sin dall’età arcaica infatti la lirica greca usa il simposio quale argomento, come quando Alceo incita i compagni a brindare per la morte del tiranno Mirsilo o invita a colmare le coppe «fino all’orlo» (ma di «due parti di acqua e una di vino»); nello stesso arco
Una «ricostruzione» di Maria Luisa Catoni nella antica Grecia con l’analisi comparata di poesia e iconografie