Europa

 Europa

La figlia di Agénor, al mattino dei suoi anni,

Occupava il suo tempo libero con giochi innocenti.

Amore e maestà raramente vanno insieme.

Questo dio, padre degli dei, davanti al quale il cielo trema,

La cui mano fiammeggiante scintilla di fulmini,

Dimenticando questo alto rango di re dell'universo,

Prende la forma di un toro che muggisce:

Tra quelli di Agénor, calpesta l'erba,

E nei prati fioriti sembra con orgoglio

Mostrare agli occhi l'orgoglio della sua bellezza.

Il suo pelo supera in bianchezza la neve più pura

Che non ha sentito l'offesa del piede dei passanti.

La sua criniera a pieghe lunghe fluttua sulle ginocchia;

Il più bello dei tori, è anche il più dolce,

Le sue corna sul fronte si piegano con grazia;

Il suo sguardo è pacifico e non minaccioso.

Europa avanza, esita, si avvicina di più;

Ammira la sua fronte che respira la pace,

E la neve così morbida e abbagliante.

Raccoglie i fiori che le vengono presentati dalla mano.

Il dio si vanta di questi pensieri segreti;

Bacia con rispetto la mano che li raccoglie;

Trionfa, gode della felicità che spera,

E che con difficoltà differisce da Europa così vicina.

Ora balza morbido sull'erba;

Ora, disteso pigramente nell'arena,

Presenta la sua schiena alla mano delicata,

Che, meno timida, lo accarezza e lo lusinga.

Si fa incatenare di ghirlande di fiori.

La figlia di Agénor ha perso le sue paure;

Osare, finalmente, nel suo estremo errore,

Si affida al dorso del rapitore.

Orgoglioso del suo carico, si alza, e subito

Con passi lenti e ingannevoli, si avvicina al bordo:

Di colpo nuota nell'abisso del mare.

La figlia di Agénor trema, e dal seno dell'onda

Guarda la riva, e invano la guarda:

Seduta sul dorso di questo toro divino,

Attacca una mano alla sua potente corna;

L'altra lotta con il vento la sua veste svolazzante.