La storia e favola di Orfeo il quale per la morte di Euridice volle andare nell Infero - In Siena alla Loggia del Papa - 1605.
La storia e favola di Orfeo il quale per la morte di Euridice volle andare nell Infero - In Siena alla Loggia del Papa - 1605
Intorno a Bacco si degusta la vita
La Stampa Tuttolibri 23.4.11
Intorno a Bacco si degusta la vita
Claudio Franzoni
Simposio Un rito stabile per secoli: bere vino puro, conversare, amare, divertirsi
Scena di banchetto su un cratere a figure rosse del IV sec. a. C.
Non è accaduto a caso che a volte, in passato, il termine greco symposion sia stato tradotto con «banchetto», come, ad esempio, nel film che Marco Ferreri trasse dal Simposio di Platone nel 1988; il fatto è che ci viene naturale ricondurre alla nostra esperienza ciò che incontriamo nel mondo antico, e dunque anche le occasioni conviviali, quasi che le forme del mangiare e del bere siano le stesse sempre e dappertutto.
Negli ultimi vent’anni la saggistica di ambito anglosassone e francese ci ha spiegato invece che il simposio antico non era per niente paragonabile ai conviti, pubblici o privati, del Medioevo e dell’età moderna, tanto meno a quelli del nostro tempo. Si inserisce in questo ambito di ricerca anche il libro che Maria Luisa Catoni dedica a questo tema, facendo il punto sugli studi precedenti e aprendo nuovi fronti di discussione.
Il simposio era, come dice il nome, una «bevuta assieme», le cui forme, forse apprese dai Fenici, divennero dopo l’età omerica un vero e proprio contrassegno dello stile di vita aristocratico in Grecia. Al di là delle possibili varianti, il meccanismo del simposio dovette restare stabile per secoli: gli ospiti si accomodavano in una sala apposita della casa, l’ andrón («sala degli uomini») - termine che basterebbe a illustrare la destinazione esclusivamente maschile della «bevuta» - e qui si sdraiavano sui letti (di solito sette), modalità ereditata da forme conviviali orientali. Al centro della stanza era posto il cratere, un grande recipiente per mescolare vino e acqua: l’assunzione moderata del vino diventa infatti uno dei punti chiave dell’etica simposiale. Dal cratere si attingeva per riempire le larghe coppe decorate di ciascun invitato. Si iniziava con una libagione e una preghiera, ci si lavava, ci si incoronava con edera: azioni che iscrivevano il simposio in un ambito sacro e che ne rimarcavano il carattere rituale.
Tutto questo e molti altri dettagli si scoprono appunto in Bere vino puro , grazie anche al corredo di oltre 150 illustrazioni tratte proprio da quei vasi a figure nere e a figure rosse che servivano per lo svolgimento dei simposi e che vennero prodotti in Attica tra VI e V secolo prima di Cristo. Ma il saggio non punta tanto a descrivere lo svolgimento del simposio, quanto a osservare in questo «microcontesto quello che avviene nello spazio più ampio della polis e del mondo greco».
Del resto l’obbiettivo del simposio non era solo quello di condividere il piacere del vino, ma quello di conversare, di discutere temi filosofici, di eseguire o ascoltare canti e brani poetici; c’era posto anche per gli incontri amorosi, ed eventualmente per divertimenti, per giochi, per la baldoria finale. Attraverso queste «bevute assieme» i gruppi aristocratici rinsaldavano i rapporti reciproci e riaffermavano la propria identità; nello spazio modesto dell’ andrón viene così rappresentata la complessità della dialettica politica e sociale: basterebbe leggere i vivaci paragrafi sugli invitati e sugli esclusi (che però a volte vengono ugualmente e ne approfittano).
Ripetutamente l’autrice cambia angolazione e ordine di domande, affrontando anche problemi di metodo; in particolare, a proposito dell’interpretazione iconografica, non nasconde anche nodi problematici, come quello dei percorsi commerciali dei vasi da simposio: come mai migliaia di essi finirono in Occidente, magari destinati a conviti non greci o addirittura a corredi funerari di area etrusca?
Uno dei cardini del lavoro è l’analisi comparata di poesia e iconografie; sin dall’età arcaica infatti la lirica greca usa il simposio quale argomento, come quando Alceo incita i compagni a brindare per la morte del tiranno Mirsilo o invita a colmare le coppe «fino all’orlo» (ma di «due parti di acqua e una di vino»); nello stesso arco
Una «ricostruzione» di Maria Luisa Catoni nella antica Grecia con l’analisi comparata di poesia e iconografie
Gli Dei dell'Olimpo - Parte 2 di 2
Luciano De Crescenzo ci presenta, col suo stile brillante, una carrellata fra gli Dei della mitologia classica.
Si tratta di una puntata della serie "ZEUS" trasmessa anni fa da RAI 1.
Mi scuso per la cattiva qualita' del filmato, e per la cattiva ricezione: il notevole valore del contenuto mi ha spinto ugualmente a condividerlo in rete.
Gli Dei dell'Olimpo - Parte 1 di 2
Luciano De Crescenzo ci presenta, col suo stile brillante, una carrellata fra gli Dei della mitologia classica.
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Gli eroi greci
Gli eroi greci
Angelo Brelich
Adelphi
Gli eroi greci sono figure molto più complicate e sconcertanti di quanto l'accezione moderna della parola non lasci presagire: anzitutto vissero soltanto nella quarta era - convulsa e grandiosa - dell'umanità (dopo l'età d'oro, quella d'argento, quella di bronzo) e si estinsero subito dopo la guerra di Troia; in secondo luogo, erano esseri semidivini - e necessariamente mostruosi. L'argomento appassiona da secoli scrittori e studiosi. Ma per una volta non sarà azzardato definire fondamentale questo libro, imponente edificio che ancora oggi, a più di cinquant'anni dalla sua costruzione, si rivela un indispensabile punto d'osservazione, da cui lo sguardo può spaziare su un territorio sconfinato. Allievo di Karl Kerényi, Brelich ha scelto nel libro di percorrere una strada divergente da quella del maestro, e di procedere risolutamente verso una prospettiva storica e comparatistica. Muovendosi tra antropologia, etnologia, archeologia, storia e filologia, Brelich riesce così a estendere e al tempo stesso a rendere più nitido l'orizzonte d'indagine, e attraverso la sua magistrale analisi degli eroi greci - enigmatici nell'orizzonte culturale moderno, dove "c'è ancora posto per un'idea di dio, ma difficilmente per esseri 'semidivini'" - permette di cogliere in tutta la sua specificità il rapporto, in Grecia, fra rito e mito.
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