Gli Dei greci non hanno bisogno dell'autorità di una rivelazione

 Gli Dei greci non hanno bisogno dell'autorità di una rivelazione

 Gli Dei greci si staccano nettamente da quelli dell'Oriente, perché, a differenza di questi, non si volgono a noi parlando direttamente di se stessi. Non meraviglia pertanto se, non ai primi, bensì a questi ultimi solitamente si guarda, quando si tratta di elaborare una concezione del Divino (il notissimo Das Heilige di Rudolf Otto ne è testimonianza). È osservazione certo non nuova, ad esempio, che una autotestimonianza divina, quale quella, a noi cosi familiare, che inizia con le parole: «Io sono ...» sarebbe impensabile in bocca a un Dio greco.

Gli Dei greci non parlano di se stessi. Apollo di Delfial quale per secoli e secoli, dai paesi più diversi, anche non greci, continuarono ad accorrere, in cerca di consiglio, pellegrini delle più svariate condizioni, dal re al mendicante — nulla ha mai rivelato del suo essere e del suo volere, ne mai ha preteso per sé una venerazione preferenziale. Torna in proposito alla mente una significativa affermazione di Schelling: «Proprio per questo — egli dice — Dio è il grande beato, come lo chiama Pindaro, perché i suoi pensieri sono volti continuamente a ciò che è fuori di lui, alla sua creazione. Lui solo non ha nulla da fare con se stesso, perché è a priori sicuro e certo del suo essere» (Deduktion der Prinzipien der positiven Philosophie, S.W. II 4,352). Nessun dogma dichiara, in nome di questi Dei, l'idea che se ne deve avere, l'atteggiamento loro nei confronti dell'uomo o il debito dell'uomo nei confronti loro. Nessun libro sacro determina che cosa si debba incondizionatamente sapere o credere. Ognuno può pensare degli Dei a modo suo: basta solo non si sottragga al tributo d'onore voluto dalla tradizione.

Gli Dei greci non hanno dunque bisogno dell'autorità di una rivelazione del tipo di quella cui si richiamano altre religioni. Essi testimoniano se stessi in tutto quel che è e accade, e ciò con tale evidenza che, nei secoli di grandezza, se si eccettuano pochi casi, non esiste incredulità. Quanta diversità dai tempi moderni! Omero, il più realistico di tutti i poeti (è ciò che lo fa sempre attuale,

anche a distanza di millenni), sa dire — in relazione a ogni accadimento importante — quale Dio vi sia presente e operante, e gli uomini, di cui racconta, sanno con certezza che — come essi dicono — "Dio" o "un Dio" ne è la causa segreta. Nel mondo omerico non c'è infatti accadimento in cui gli Dei non intervengano, non siano anzi attori nel senso più proprio della parola.

Ma di contro a questa onnipresenza partecipe e sovranamente attiva — carattere di cui torna facile e gradito prender atto —, sta qualcosa con essa difficilmente conciliabile, qualcosa che contrasta il corrente sentire religioso, che appare anzi un vero e proprio scandalo. Tra tutto quello che può dirsi intorno a questi Dei non c'è infatti cosa più certa di questa: che essi vivono nella pace di una suprema beatitudine, incuranti della felicità e della sofferenza del mondo. Sta in questo il tratto più tipico del loro esser divini ed è proprio nella celeste lievità, nella calma beatitudine che spira dalle loro figure che sta il potere letificante e liberante che gli Dei greci ancora posseggono.

 

Walter Friedrich Otto - Theophania, lo spirito della religione greca antica.