INNI OMERICI, A PAN

INNI OMERICI, A PAN

O Musa celebra il figlio diletto di Ermes,

dal piede caprino, bicorne, amante del clamore, che per le valli

folte di alberi si aggira insieme con le ninfe avvezze alla danza:

esse amano calcare le cime delle impervie rupi

invocando Pan, il dio dei pascoli, dall’ abbondante chioma,

irsuto, che regna su tutte le alture nervose

e sulle vette dei monti, e sugli aspri sentieri.

Si aggira da ogni parte tra le folte macchie :

ora è attirato dai lenti ruscelli,

ora invece s’inerpica fra le rupi inaccessibili

salendo alla vetta più alta da cui si scorgono le greggi.

Spesso corre attraverso le grandi montagne biancheggianti,

spesso muove fra le colline, e fa strage di fiere,

scorgendole col suo sguardo acuto; talora, al tramonto, solitario

tornando dalla caccia, suona modulando con la siringa una musica

serena: non riuscirebbe a superarlo nella melodia

l’uccello che tra il fogliame della primavera ricca di fiori

effonde il suo lamento, e intona un canto dolce come il miele.

Con lui allora le ninfe montane dalla limpida voce

girando col rapido batter di piedi presso la sorgente dalla acque cupe

cantano, e l’eco geme intorno alla vetta del monte.

Il dio, movendo da una parte all’altra, talora al centro della danza,

la guida col rapido batter di piedi –sul dorso ha una fulva di pelle

di lince-, esaltandosi nell’animo al limpido canto,

sul molle prato dove il croco, e il giacinto

odoroso, fioriscono mescolandosi innumerevoli all’erba.

Cantano gli dei beati e il vasto Olimpo;

per esempio del rapido Ermes, eminente fra gli altri,

narravano: come egli sia messaggero veloce per tutti gli dei,

e come venne all’Arcadia ricca di fonti, madre di greggi,

là dove ha il suo santuario cillenio.

Colà, pur essendo un dio, pascolava le greggi dal ruvido vello

presso un mortale: poiché lo aveva preso, e fioriva in lui, un desiderio

struggente

di unirsi in amore con una fanciulla dalle belle trecce, figlia di Driope .

E ottenne il florido amplesso; ed ella, nelle sue stanze, generò

a Ermes un figlio diletto, già allora mostruoso a vedersi,

dal piede caprino, bicorne, vociante, dal dolce sorriso.

Diede un balzo e fuggì la nutrice, e abbandonò il fanciullo.

si spaventò, infatti, come vide quel volto ferino e barbuto.

Ma subito il rapido Ermes lo prese fra le braccia ,

accogliendolo: grandemente il dio gioiva nell’animo.

Senza indugio salì alle dimore degl’immortali, dopo aver avvolto il fanciullo

nella folta pelliccia di una lepre montana ;

lo depose al cospetto di Zeus e degli altri immortali,

e presentò suo figlio : si rallegrarono nell’animo tutti

gl’immortali, ma più d’ogni altro il baccheggiante Dioniso;

e lo chiamarono Pan, poiché a tutti l’animo aveva rallegrato.

Cosi ti saluto, signore, e ti rendo propizio col mio canto:

ed io mi ricorderò di te, e di un altro canto ancora.